Ristampa quasi anastatica del libro pubblicato nel 1958 a cura di Pietro Lincoln Cadioli
Lettera di un Parroco ad un "Amico d'infanzia"
Carissimo Pinocchio,
non ti spaventerai di certo quando riceverai questa "lettera": non sono Mangiafuoco o il Gatto o la Volpe (almeno, lo spero). Sono un prete, un parroco di e in un magnifico paese, dove c'è fra le belle cose un vecchio castello, capace di farti sognare e di farti desiderare qualcuna delle tue "imprese"...
Ma soprattutto ti scrivo come un amico, che quando pensa a te viene preso da una struggente nostalgia: quella -per intenderci- espressa in una canzone, dolcemente venata dalla malinconia: te la ricordi, vero? Do-Fa-Fa-La-Fa-Mi-Sol ecc. Meglio canticchiarla insieme: "Carissimo Pinocchio, amico dei giorni più lieti...." Mi pare che cominci con queste parole, o pressapoco.
Ti ricordi, 50 anni fa circa, a scuola, noi due insieme? Ti "leggevo" (e mi parlavano di te), a cuore e occhi sgranati. Che avventure le tue, e che passione nel seguirti passo per passo nel tuo mondo così fantastico e così umano! Quante cose imparavo a fare (o a non fare) come te!


Poi, mi sono accorto che tu "davi lezione" non solo ai bambini, ma anche ai grandi, agli adulti, a quelli che sanno -o credono di sapere- tante cose! Cosicché, forse con tua meraviglia, di te si sono messi a parlare perfino i "teologi" (sai, quegli studiosi che dicono tutto, o quasi, di Dio in maniera non sempre facile e comprensibile come piace a te). A dire il vero, qualcuno di questi "signori della religione" ha raccontato cose assai profonde, così che tu -con tuo papà Geppetto, con la meravigliosa Fatina insieme a qualche "cattivone" che ben hai conosciuto- sei diventato "maestro di religione".
Forse non c'era bisogno di scomodare la "teologia", ma te lo meritavi! Nel bene e nel male (lasciamelo dire) sei stato un "maestro di vita". e tale continui a esserlo: al punto che potresti parlare ai grandi, prima che ai piccoli; e che gli adulti farebbero bene a leggerti per sé stessi prima che farti leggere per il piccini!

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Allora ben venuta anche una traduzione (chissà: forse la prima...mondiale!) in dialetto della tua storia: di una "parabola" assai vicina a quelle impareggiabili del Vangelo. Ben venuta la versione dialettale, ad opera del nostro concittadino Attilio Bertaglio: "penna" dialettale ben nota ai Trezzesi.

(dall'introduzione di Mons. Giancarlo Boretti Parroco di Trezzo sull'Adda)
illustrazioni di Giovanni Brambilla

Questa di Attilio Bertaglio non può annoverarsi come opera prima, è piuttosto una raccolta di intuizioni creative che un uomo popolare ha scritto in un "non dialetto", senza immaginare mai che qualcuno potesse un giorno pubblicarle.
Il sapore contadino e la saggezza popolare che, con ostinata e fortunata incoscienza caratterizza il "passatempo" di Bertaglio, indurrà inevitabilmente il lettore a riscoprire valori la cui importanza agevolerà il superamento di eventuali e innegabili carenze formali.
Questa è una delle intenzioni che ci ha stimolati a stampare queste poesie in onore del poeta Attilio Bertaglio e della gente che con lui e come lui ha goduto il sapore di queste vicende umane.
(dalla presentazione del volume "In so l'onda da l'Ada")

 

E' difficile, se non impossibile, rintracciare le origini e l'autore di questa storia popolare nota come “STORIA DELL'ASINO”. Tracce di questa storia le troviamo un po' in tutte le tradizioni popolari e molti autori ne hanno fatto oggetto della loro opera. I personaggi della “storia” potrebbero chiamarsi: Bertoldo, Bertoldino, Chichibbio, Calandrino o nomi meno nostrani, come quelli dati da La Fontaine ai personaggi delle sue favole. Ciò che importa è come la filosofia spicciola e popolare dei tempi passati abbia riconosciuto in questa vicenda la necessità di non abbandonare mai, in ogni impresa, la retta intenzione, ma, nell'amore e nella verità, mantenersi saldi ai propositi originali.

   
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